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La Vendetta di Ethan

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«Tu sei matto!»-la voce del mio amico non mi distrae, mentre mi accomodo sul sedile e aspetto che quella puttana esca dal negozio.

«Lei non ha alcuna colpa, è una donna per bene e ancora vergine a trent'anni.»-insiste, mentre picchietto l'indice sul volante, ma poi raddrizzo la schiena non appena esce con una busta in mano.

Serro la mascella e la guardo con disprezzo dalla testa ai piedi: porta una ciocca dei lunghi capelli rossi dietro l'orecchio, mentre si guarda timidamente intorno, quasi spaventa dai passanti.

Alzo un angolo della bocca alla sua innocenza: sarà più facile vendicarmi di una verginella tutta composta e senza un capello fuori posto.

«Lei è la figlia di quel fottuto dottore.»-stringo il volante tra le mani:«E se non posso vendicarmi su di lui, lo farò soffrire attraverso sua figlia.»-alzo il mento per indicarla, mentre passo le dita tra i capelli per scompigliarli frustrato.

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1-The sexiest lowyer
«Ne sei sicura?» Alzo gli occhi al cielo, per poi lanciare una veloce occhiata di ammonizione alla mia amica, che arrossisce all'istante e abbassa gli occhi. «È da tre settimane che ci stiamo organizzando.»-sbuffo sonoramente, pubblicando l'annuncio prima di pentirmene per colpa sua. «Non puoi farmi queste domande ora.»-sussurro, abbastanza distratta mentre fisso lo schermo del cellulare e porto la cannuccia tra le labbra per gustare il mio frullato ai frutti di bosco. «Va bene.»-dice con una voce timida, riprendendo a mangiare i suoi macarons colorati. È da anni che ci conosciamo, tanto che posso dire che siamo cresciute insieme, ma lei non ha mai smesso di essere timida e io sono rimasta la solita stronza opportunista che non pensa ad altro se non ad arricchirsi per smettere di dipendere da mio padre. Forse lei è l'unica persona a cui non ho mentito in vita mia, l'unica che sa che a casa sto in pigiama dalla mattina alla sera e con i capelli legati in una crocchia disordinata da vomito, piuttosto che indossare abiti firmati e tacchi alti come sono costretta a fare quando devo varcare la soglia di casa e uscire. Odio le gonne strette che mettono in risalto le mie curve. Odio le mie curve. Mi hanno sempre dato fastidio i miei capelli ricci, tanto che mi costringono di svegliarmi due ore prima la mattina per metterli in ordine e apparire presentabile. Sono così rossi che non riesco mai a passare inosservata, nemmeno nei momenti di disagio, anche se sono più volte finita sui giornali newyorkesi in articoli dal titolo 'The sexiest lowyer', l'avvocato sexy ma ancora stranamente single, ormai trentenne e senza un uomo al mio fianco: 'Che aspettate, giudici? Non siate timidi!'-un altro articolo che ha messo in risalto la mia eleganza, ma preferisco morire sola, piuttosto che condividere la mia vita con un essere senza cervello che non pensa ad altro se non a vedere di che colore sono le mie mutande! Non mi vedo bella, ma gli altri sì, il che non fa altro che alzare la mia autostima ogni volta che attraverso i corridoi della New York County Supreme Court, mentre tutti mi rivolgono occhiate d'ammirazione o d'invidia, guardandomi dalla testa ai piedi come se fosse la prima volta. L'unica persona che ancora non mi guarda con fierezza è mio padre, anche se è stato lui il primo ad avermi insegnato di essere opportunista prima ancora che generosa... «Ascolta, tesoro... »-mi schiarisco la voce, aspettando che la cameriera che si affianca al nostro tavolo si allontani prima che riprenda a parlare: «Siamo abituate a vivere insieme e non condividere la nostra casa con nessuno...»-ragiono ad alta voce, facendole capire che la capisco. La prima cosa che abbiamo pensato quando abbiamo ricevuto il nostro decimo stipendio era di realizzare il nostro sogno: avere una casa tutta nostra e vivere insieme come se fossimo due sorelle. Io diventerò la zia dei suoi figli e lei... imparerà ad amare i miei gatti, quando sarò troppo depressa da circondarmi di animali pelosi. «Ma ora siamo in difficoltà...»-riprendo a spiegarle quello che abbiamo discusso all'infinito nei giorni scorsi. Da quando ho chiesto a mio padre di smetterla di aiutarmi economicamente e ho rifiutato i soldi che ha depositato nel mio conto corrente, mi sono resa conto di quanto sia difficile vivere a New York, anche se la casa che io e Meredith abbiamo scelto è esageratamente grande per essere abitata da due persone. «Se troviamo due donne con cui condividere la nostra villa...»-sposto di nuovo gli occhi sull'annuncio per assicurarmi che nessuno abbia ancora approvato, per poi concludere: «Forse ci faremo anche due amiche.»-sforzo un sorriso, ma con le mie parole cerco di convincere più me stessa che lei, anche se annuisce per l'ennesima volta. Prendo un forte respiro, per poi strofinare la mano sulla sua spalla e alzarmi in piedi in difficoltà, con la nonna stretta che preme contro la mia pancia in un modo assai odioso. «Ci vediamo domani.»-la saluto, mentre assume un'espressione confusa, divorando il penultimo biscotto verde rimasto sul suo piatto. «Non dormi a casa?»-chiede con un filo di voce, guardandomi dal basso, mentre i miei occhi rimangono fissi sul dolcetto di un rosa invitante sotto la sua mano. Al diavolo la dieta! Mi affretto ad allungare la mano per appropriarmi dell'ultimo dei macarons, davanti ai suoi occhi offesi: «Ehi!»-si affretta a ribattere, ma mi allontano in un millesimo di secondo, spiegandole: «Passo da mio padre.»-rotea gli occhi, per poi incrociare le braccia al petto, ma non le do il tempo di lamentarsi che le volgo le spalle e fuggo dal bar prima che mio padre si lamenti del ritardo, come se avessimo lasciato un appuntamento formale. Addento il biscotto, mentre mi guardo intorno timidamente, come se da un momento all'altro potessero sbucare fuori fotografi a beccarmi mangiare, quindi mi affretto a raggiungere la mia macchina per accontentare quell'uomo. Prendo un forte respiro e passo la lingua tra le labbra non appena noto che la strada è libera. Il West Village non è mai stato così deserto, ma non posso lamentarmi, dato che che guido davvero male e ho più volte dovuto pagare per i danni che ho combinato in questo quartiere. La strada per fortuna è quasi vuota, se non fosse per una macchina parcheggiata a pochi metri di distanza, ma cerco di allontanarmi senza combinare guai, accendendo nel frattempo la radio. Mi affretto ad alzare il volume quando la voce di Blake McGrath si diffonde in auto, facendomi sorridere senza riuscire a trattenermi. Alzo il volume al massimo senza pensarci due volte, per poi bearmi del suono della sua voce, mentre canta Instead. Da piccola non ho mai avuto un sogno su cosa diventare da grande, ma ho sempre avuto una passione per la musica, anche se mio padre ha sempre insistito che diventassi avvocato, solo per il gusto di dire ai suoi colleghi di avere una figlia per bene. Non lo sono mai stata e lui lo sa bene, ma non posso odiarlo, non dopo che mi ha tirato fuori da certe situazioni imbarazzanti, anche se non ricordo di essere trattata come una figlia per lui. Ho ereditato l'amore per i soldi da lui, ma se a mio padre piace risparmiare, io preferisco spendere quello che ho guadagnato. «Eccoti.»-la mia matrigna mi lancia una lunga occhiataccia, per poi affrettarsi ad aggiustare i capelli, molto probabilmente ha corso per aprirmi la porta. «Tuo padre è su tutte le furie!»-mi prende per il gomito delicatamente, mentre mi limito ad alzare gli occhi al cielo e avanzare nella casa vuota. L'idea di passare del tempo in questa casa mi fa venire i brividi. Troppo fredda. Troppo vuota. Amo il lusso, ma non la solitudine, e questa casa è assai sola: gli unici amici che ho avuto da bambina erano i dipendenti di mio padre, ma sono stati licenziati dalla prostituta al mio fianco. Tutti hanno capito che lo ha sposato solo per i soldi, tranne mio padre, che crede di essere amato senza rendersi conto che lei lo tradisce probabilmente ogni volta che trova l'occasione di farlo. «Papà?»-la mia voce dolce è così insolita che lo vedo irrigidire la mascella non appena mi avvicino al tavolo. «Ho avuto un contrattempo.»-cerco di spiegare, ma sobbalzo quando sbatte un pugno sul tavolo, facendo vibrare le posate ordinate sotto i suoi occhi. «Dio! Ho solo accompagnato Meredith a casa!»-non riesco a trattenermi e sparo l'ennesima bugia, ma non sembra crederci, dato che punta l'indice sulla sedia di fronte a lui: «Non ci casco, siediti!»-il suo tono supera il mio, quindi decido di non peggiorare la situazione, anche se non riesco a fare a meno di sbuffare. «Amore, ho preparato...»-la vipera ritorna in cucina e cerca di farsi notare da mio padre quando posa di fronte a lui un piatto pieno di schifezze verdi, pur sapendo che mio padre ama l'arrosto, quello che gli cucinava la nostra ex cuoca. Trattengo un sorriso quando lui la interrompe, ma ritorno seria quando capisco che inizia a farmi il solito interrogatorio: «Sei in difficoltà?»-alza il mento nella mia direzione, mentre premo le labbra tra di loro, sentendo il sapore del rossetto mentre mi chiedo come abbia fatto a saperlo. «No!»-rispondo rapidamente, ma non faccio in tempo a cercare a convincerlo che alza la voce: «Perchè hai pubblicato quell'annuncio?»-indica il mio telefono sul tavolo, mentre alza un sopracciglio, per poi incrociare le braccia al petto e mettere il risalto le spalle larghe sotto la camicia a quadretti. «Non sono più affari tuoi!»-stringo i denti senza lasciare i suoi occhi, mentre la donna al suo fianco si schiarisce la voce. Non capisco perché deve sempre cercare di intromettersi. Sono stata un'eccellenza all'università per accontentare mio padre! Ho scelto il mestiere che lui sognava, ho fatto la vita che lui voleva per un dannato 'Sono fiero di te' che non è mai uscito dalla sua bocca. «Chi saranno i nuovi coinquilini?»-non dà retta alle mie parole, mentre Carol cerca di distrarlo invano: «Amore, si potrebbe raffreddare...»-dice con un filo di voce. «Non lo so.»-mi arrendo e lo accontento con un filo di voce, anche se so che non si fermerà a tanto: «Li voglio conoscere.»-insiste, come se fossi una bambina che non sa prendersi cura di se. Forse è l'unica ragione per cui lo chiamo padre: si preoccupa per me tanto che ha più volte voluto assegnarmi uno dei suoi uomini per difendermi, ma non mi sono mai sentita in pericolo, nemmeno in uno dei quartieri più affollati di New York. Faccio per annuire alla sua richiesta, anche se suonava più come un ordine che come una domanda, ma sua moglie mi interrompe di nuovo: «Ê davvero buona, credimi.»-insiste a chiedere a mio padre, quindi mi sfogo ad alta voce: «Cazzo! Forse non ha fame!»-le lancio un'occhiataccia, ma mio padre si affretta a raddrizzare la schiena: «Valerie!»-urla il mio nome con così tanto disprezzo che smetto di avere fame e mi alzo dalla sedia sbuffando, per poi dare le spalle a entrambi e avviarmi verso le scale. «Valerie, ritorna immediatamente...»-la sua voce diventa sempre più lontana mentre salgo i gradini per rinchiudermi nella mia stanza e isolarmi dal resto di questa triste casa. Mi butto sul letto matrimoniale dopo aver gettato il telefono dalla parte opposta, sulle coperte morbidi e profumate. La voglia di urlare per sfogarmi è così forte che sono costretta a immergere la faccia in un cuscinetto bianco per lanciare un gemito strozzato. Non sarei dovuta venire, e lo sapevo prima ancora di accettare il suo invito. Non riesco a sopportarli, non riesco a vederli insieme e non riesco a resistere nemmeno cinque minuti prima di sclerare con loro davanti. Riempio i polmoni d'aria e rivolgo la pancia verso l'alto, sbottonando la gonna per riuscire a respirare meglio, mentre porto gli occhi verso il cuscino al mio fianco. Mi sembra quasi di riuscire a respirare il suo profumo, come se fosse sdraiato accanto a me, quando in realtà è scappato come un vigliacco non appena ha saputo la verità. Lui sì che sapeva calmarmi e farmi dimenticare del fatto che mio padre esiste, ma è risultato essere peggio di mio padre. Lui e mio padre sono il motivo per cui ho perso completamente la fiducia negli uomini, ma non sono gli unici che mi hanno delusa. Mia madre è morta prima che io potessi ricordarmi la sua faccia, ma non ho mai voluto sapere come sia successo... o forse non ne ho avuto il coraggio, dopo aver saputo che si è suicidata. Probabilmente ero una rompiscatole anche per lei e ha preferito togliersi la vita piuttosto che crescere una foglia come me. L'unica che non mi ha mai delusa è Meredith ed è l'unica che merita tutta la mia benevolenza, a prescindere da quanto sia timida e da quanto siamo diverse. Non appena alzo l'angolo della bocca pensando alla mia amica e a quanto sia strana, salto sul letto quando il mio telefono emette un suono che mi fa capire l'arrivo di un messaggio. Mi sollevo all'istante con i ricci che guizzano all'aria mentre mi affretto a raggiungere il telefono, sperando che si tratti di quello che penso. I miei occhi si illuminano quando leggo la mail che illumina lo schermo: Due utenti hanno richiesto un colloquio.

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